Lettera del 19 dicembre 2020
… i miei pensieri in questo momento di grazia. Sì, perché “Tutto è grazia” (Bernanos). E’ una visita del Signore anche questo momento difficile, la pandemia, in quanto anche questa rientra nel progetto di Dio, a bene nostro: “I miei progetti non sono i vostri progetti”, leggiamo nella Bibbia. Il che significa che il buon Dio ha in mente di ricavare un bene anche dal nostro male, il Covid-19. Questo pensiero, però, non ci dispensa dall’operare di persone sagge, usando precauzioni e mezzi atti ad attutire, rallentare, annullare la presente epidemia.
E’ quanto anche noi comboniani stiamo facendo nella nostra rettoria. Siamo in quattro, tutti in salute attualmente, per grazia di Dio. Abbiamo fatto i cosiddetti ‘tamponi’ per due volte; e per due volte siamo risultati negativi. Risultato prezioso, per noi, che abbiamo un compito impegnativo in questa Rettoria, l’amministrazione del sacramento della penitenza. Non abbiamo mai chiuso la chiesa, né smesso di confessare, anche nei mesi del lockdown nella scorsa primavera. In questi giorni che precedono il Natale è ancora più preziosa la nostra presenza qui. Infatti sono numerosi i cristiani che entrano in questa per confessarsi.
Fra una settimana festeggeremo il Natale di Gesù Salvatore. Come in tutte le parrocchie, anche noi ci prepariamo ad esso con la Novena, strumento utile per tenere desta l’attesa, invocando Gesù che scenda non più a Betlemme, ma nella vita di tutti, soprattutto dei cristiani ‘dormienti’, sfiduciati, distratti, depressi.
Auguro a te e agli amici piovesi di tenere desta l’attesa del Signore e di invocarlo per davvero affinché venga e resti con noi. Vengono in mente, opportune, le parole del vangelo: “Resta con noi, Signore, perché si fa sera”. E sempre si fa sera, se Lui non c’è o non Lo si vuole, anche se fuori splende il sole.
Ecco, … , i pochi pensieri che vengono in mente di getto, e così come sono te li trasmetto. Aggiungendo ad essi il mio cordiale e fraterno augurio di un gioioso e sereno Natale.
P. Benito
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Auguri pasquali 2020
Natale 2019
Mattina e pomeriggio di tutti i giorni entro in confessionale per offrire il perdono del Signore. Questa è la finalità della mia presenza in questa rettoria in centro città di Verona. In aggiunta, qui teniamo l’adorazione eucaristica diurna, pure tutti i giorni. A me, in questo personale contesto, Roberto fa richiesta affinché io offra un pensiero, un augurio, un auspicio in occasione del prossimo Natale. Lo faccio volentieri con il pensiero rivolto alla mia missione qui, oggi.
Maria ha preparato al Figlio di Dio una casa, il suo grembo verginale. L’ha accolto, e nel Natale l’ha donato alla umanità, grata. E la Chiesa ha cantato le lodi di Maria il giorno dell’Immacolata, grata per il dono del Figlio. Io prete e confessore offro il mio contributo a tanti fratelli e sorelle affinché anche loro dispongano il loro cuore, vero grembo, ad accogliere il Signore Gesù in santa letizia, generosamente disposti, poi, a offrirlo, a renderlo visibile, con la loro vita bella e coerente, ai loro fratelli. Vera missione quella di ciascun battezzato che vuole celebrare davvero il Natale cristiano.
Ma un pensiero mi cruccia mentre esprimo questo mio pensiero. E parlo dei confessori. Siamo rimasti in pochi. Molto pochi, e mi guardo attorno qui nella chiesa veronese (non diversa da quella di Padova). Numero di preti sempre più esiguo, e quei pochi, ancora in attività, oberati di tante responsabilità che li sfiaccano; per cui sedersi in confessionale diventa, per loro, una realtà quasi eccezionale. Lo dimostra il fatto dell’accorrere alla nostra rettoria di laici, religiose e preti, che vengono a cercare il perdono del Signore. Di qui scaturisce la mia preghiera, auspicio che auguro affinché tanti Piovesi facciano proprio: Gesù, il Salvatore, susciti nella chiesa di Padova, nella parrocchia di Piove, giovani generosi e buoni che consacrino la loro vita al Signore, alla Chiesa per prendere il posto ai tanti preti anziani e stanchi, che non possono più amministrare la misericordia del Signore nel sacramento della penitenza. Vuole essere, questo, il mio augurio e la mia preghiera per questo Natale; un regalo che chiediamo a Gesù Bambino tutti insieme.
BUON NATALE!!! P. Benito Buzzacarin
Pasqua 2019
Celebro oggi, 7 Aprile, il 57.mo anniversario di ordinazione sacerdotale. Il fatto ebbe luogo a Padova , nella basilica del Santo per mano di mons. G. Bortignon.. Fu un giorno grande e bello, ovviamente, per un giovane che si preparava all’evento con oltre dieci anni di preghiera e di studio. Era l’inizio di una vita tutta spesa al bene della chiesa; della chiesa del Sudan soprattutto (45 anni). Ecco il nucleo del mio pensiero: il bene della chiesa. Quindi come prete ero, e sono, tenuto a vivere con la tensione di ottemperare a questa missione, che non significa altro che consegnare a tanti fratelli e sorelle che avrei incontrato, dal 1962 ad oggi, il dono della salvezza operata da Gesù Cristo con la sua Pasqua di morte e di resurrezione. Strumento e canale attraverso il quale doveva e deve arrivare a tanti fratelli l’amore salvifico del Salvatore. Ho battezzato tanto il Africa, bambini e adulti; ho, cioè, innestato, con il mio ministero, tanti fratelli al Cristo vivo, tralci alla Vite. E questo mi dà soddisfazione, anzi grande gioia: la mia vita non è stata inutile. Della mia vita di prete il Signore si è servito, come di uno strumento inadeguato (“Siamo servi inutili”, ci ricorda il Signore).
Qui a Verona, con l’età che avanza e non fa sconti, e con una salute traballante, mi resta la possibilità di sedermi al confessionale, due-tre ore al giorno, e sentirmi ancora prete della chiesa, in grado di trasmettere a tanti fratelli e sorelle di Verona e paesi della provincia, preti suore e laici, il perdono del Signore, cioè i frutti della Pasqua del Signore.
Quale può essere la conclusione pratica che lascio agli amici di Piove? Quello di non dimenticare che per il nostro battesimo, preti o laici che siamo, tutti siamo tenuti a renderci, con l’aiuto di Dio, strumenti o canali, affinché i Beni della salvezza giungano a tanti, a quanti avviciniamo nel nostro quotidiano. Questo significa, in primis, essere missionari. Lo spostarci in paesi lontani per l’Annuncio, è bello e qualificante, ma non è essenziale. Perciò, per quel che mi riguarda: missionario in Sudan, o confessore a Verona, la mia missione sostanzialmente è sempre la stessa.
Chiudo porgendo auguri vivissimi di una gioiosa e santa Pasqua.
P. Benito